martedì 19 novembre 2013

Lacrime in salsa animalier



Fermi tutti. Voi scendete. Via. Andate a salvare la balena tatuata in Nepal, a preservare il corallo che respira in Mongolia, ad occuparvi del pavone riccioluto del Polo Nord. La vostra fermata, non so come si chiami, non mi interessa, è la prossima. Prego. Nessun: "excuse me".  La porta è spalancata e lo spazio per scendere c'è tutto. Please. Accomodatevi pure. Gli altri, quelli che ancora sanno distinguere tra una vita umana e un'altra vita, possono continuare il tragitto. Non so dove si vada ma sicuramente si va più in là soli che con voi fanatici delle quattro zampe, spesso intrappolati nelle vostre solitudini. Io non voglio indignarmi per un leone inerme calpestato da un'imbecille con un fucile in mano, io voglio farlo per i bambini che hanno smesso di respirare sopra i banchi di una scuola perché un bastardo con un’artiglieria sulle spalle ha deciso che quel giorno qualcuno doveva pagarla. Io non voglio piangere per un porcospino calpestato da uno pneumatico. Se lo faccio, lo faccio per un ragazzo appiattito dai cingoli di un carro armato guidato da un coetaneo con una divisa di un altro colore. Posso commuovermi. Ma non piangere. Posso farci una riflessione. Ma non pretendere che la mia umanità scenda in piazza a bloccare le strade. Posso trovare folle che un panda diventi pelliccia, ma non posso disperarmi  per la sua fine. Anche perché alle base di queste scenate isteriche in salsa animalier c'è un'incoerenza che non tollero. Il leone mi fa tenerezza, il tacchino gonfio di inutile speranza  che mangio al thanksgiving  un po' meno. Il tigrotto delle Ande galliche diventato cintura mi riempie il cuore di lacrime, la povera mucca svizzera squartata al macello che finisce dentro il mio piatto sotto forma di prelibata bistecca, invece, mi lascia indifferente. La retorica degli animali è come quella dei belli. Quando nella cronaca nera ci sono i belli  ci si commuove sempre un po' di più. Che in altre parole significa  che per tanti, neppure le pagine di un quotidiano di provincia,  potrebbero diventare una rivincita. Le regole sono queste del resto. O le si abbracciano tutte o non vale farlo solo a metà. O difendo tutti gli animali e non mi fermo allo scoiattolo paffutone delle colline carsiche vietnamite o faccio ridere i polli. Anche quelli nelle batterie che stanno diventando comodi hamburger da ingerire in pausa pranzo. Il fermarsi a metà ha un nome semplice, semplice: razzismo. Vale per gli uomini, non vedo perché non debba valere anche per gli animali. Del resto gli animali non sono mica come gli uomini? Se muore un gatto che ti ha tenuto compagnia per un bel po' di anni  o la madre di un ragazzo 27 anni che differenza c'è? Nessuna. Lacrime per tutti, come fossero standing ovation. Buona camicia a tutti, anche per voi che scendete alla prossima.