martedì 2 ottobre 2012

Politica firmata


Ci siamo arrivati. Con calma ma ci siamo arrivati.  Alla politica delle spalline, degli orologi di plastica colorati, delle permanenti bruciacchiate, dei maglioncini fatti in casa, delle camicie con i colli bianchi e ampi. Alla politica che invece di guardare avanti si ferma e,  anchilosata e stanca, preferisce guardare indietro ai tempi che furono. O meglio ai tempi che fumano. Come gli anni Ottanta, considerati fino a poco fa anni di merda. Si guarda indietro, davanti non c’è più nulla, solo mare aperto. E Un po’ come se fossimo in Portogallo con le spalle rivolte verso la vecchia e stanca Europa. Ecco, la nostra politica è lì sulla battigia ovest della penisola Iberica ad aspettare qualcuno che la traghetti altrove. Nell’attesa guarda indietro. 
La lega ripesca le teorie del politologo Gianfranco Miglio, uno di quelli che hanno vergato le basi del movimento che avrebbe dovuto in poco tempo ripulire Roma da ladri e privilegiati, nani e ballerine, furbetti e bamboccioni.  A questo punto, visti i risultati, viene da pensare che “dentro” la verga scorresse inchiostro simpatico. Un po’ come il liquido che nelle capocce dei leder del Carroccio pulsa al posto del sangue, tra le sinapsi che collegano moralità e pudore. Una spolverata a un vecchio saggio e via che si cancella un decennio e più di porcate. Un po’ come hanno fatto gli sceneggiatori di Dallas quando Patrick Duffy,  l’attore che interpretava Bobby Ewing, aveva deciso di ritirarsi a vita privata per poi, dopo una stagione, cambiare idea. Bene, hanno fatto veloce gli scribacchini di Hollywood:  l’hanno fatto uscire da una doccia trasformando tutto quello che era successo negli ultimi 15 episodi in un sogno. Probabilmente di quell’alcolista di Sue Ellen. Ecco, la stessa operazione vorrebbe farla la Lega: "Belsito chi? Trota chi? Umberto chi? Rosa chi? E’ tutto un sogno suvvia, svegliatevi…"
E se lì in Brianza riesumano il povero Miglio, nel Pd fanno arrivare direttamente da un magazzino Standa dimenticato chissà dove, Matteo Renzi con la  gommina in una mano (a lui il gel non lo vendevano) e una mazzetta di figurine di Goldrake nell’altra. Non è una copia degli anni 80, lui è gli anni ottanta. Quelli un po’ sfigati però, grigiastri o opachi come i palazzi che ancora non conoscevano il restyling. Uno sfigatello che rifiutato dalle tope si è buttato tra i lupetti. Un Robert Baden-Powell salmodiante che ha come guru il bergamasco dagli occhi di ghiaccio che ha aiutato Berlusconi a diventare quello che è . Almeno televisivamente parlando. Ma non lo dice. Alcune cose è meglio non farle sapere. Matteo Renzi, il rottamatore al sapore di Panda primo modello che a differenza della Fiat Uno non è “comodoso”, “scattoso” e neppure “risparmioso”. Un personaggio di Happy Days sparito poi durante il montaggio, per intenderci. In quel telefilm ambientato negli anni ’50, in effetti,  sarebbe apparso troppo moderno. 
Poi c’è Silvio Berlusconi. Lui addirittura punta tutto sui bei tempi quando c’era la lira, quando in Italia è arrivata la televisione privata, quando il Milan vinceva tutto e il doppiopetto coi bottoni d’oro se lo mettevano solo quelli del Rotary e del Lyons. Il suo modello è quello. Le città erano bugie scure e inquietanti. Il sole era un’esclusiva  di Milano 2 un po’ come Raffaella Carrà quando è passata dalla Rai al Biscione con un contratto miliardario e “rigorosamente in esclusiva”, appunto. E da quelle città bigie  frequentate da brutta gente, terroni prima, albanesi dopo, romeni più tardi, e via discorrendo, il Berlusca sta recuperando la strategia della paura. Fra un po’ anche quelli di San Marino ci faranno cambiare strada quando l'incontreremo di notte. 
Da quei tempi arriva anche  Beppe Grillo il comico per eccellenza, scomparso negli anni ’90 e riapparso un po’ più tardi in versione santone/Vanna Marchi. Ora è tornato più ululante che mai. I ricci sono gli stessi, fuori moda allora come adesso, i capricci chissà. Pochi l’hanno capito. Ma tant’è.
Persino Ilona Staller ha pensato bene di cavalcare l’onda e rientrare nell’agone politico,  come ha fatto nel 1987 quando è diventata parlamentare radicale. E se Cicciolina si mette a cavalcare, non ce n’è più per nessuna, inutile dirlo. Le varie Minetti a confronto sono verginelle (mal)educate dalle orsoline, timide pastorelle smarrite in cerca della loro Madonna. Che in questo caso, ne siamo certi, si tratterebbe della popstar.
Siamo in recessione, ecco perché torna di moda anche in politica gli anni passati. Quindi, siete pronti (oltre che caldi, ovviamente) a votare per Donatella Versace? Prima o poi si presenterà anche lei. Evviva. Se la politica è vintage che sia almeno firmata. Buona camicia a tutti. 

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