martedì 31 maggio 2011

Vizzi e capitali

Odio i potenti, perché so che quando arriveranno alla resa dei conti, la loro solitudine mi piomberà addosso come un colibrì impazzito senza più rotta. Mi faranno tenerezza le loro mani avvizzite, i loro capelli tinti, la loro ricrescita pesantemente visibile, il loro sguardo cupo, la loro pupilla bagnaticcia e dolorante. Mi faranno tenerezza denudati dal loro impeto, soli a gestire la loro arroganza che ormai non fa più paura a nessuno. Tremebondi prendono la distanza anche dalla loro facondia quella che ha conquistato gli altri quando erano ancora i potenti, e silenziosi si ritirano nella loro ombra. Odio i potenti. Non mi sono mai piaciuti: né loro né il codazzo di mansueti umani che si trascinano dietro. Un po' come fa Lady Gaga con i suoi calcagni. Odio i potenti perché so che un giorno mi faranno tenerezza. Madonna quando sarà vecchia e, non posso dirlo perché è già così ma vorrei dirlo, senza voce, diventerà il mio idolo. Me la immagino tirata a lucido e con la pelle macchiata dal tempo che canta Like a virgin. La stessa canzone che la sua pronipote ululerà davanti ad uno stadio stracolmo di vita. Lo so. Quando sarà così io sarò lì a guardarla, rivalutarla e tutto sommato ad amarla. In più mi chiederò colmo di pena, ma senza panico: "Perché quando ero giovane a me Madonna non mi è mai piaciuta?" Recentemente sono stato a Bollate. Al carcere femminile, quello grigio con il contorno delle finestre colorate. Quando l'ho visto mi è venuto in mente il film di Pupi Avati e di Maurizio Costanzo La casa dalle finestre che ridono. Sono entrato e ho visto Vanna Marchi. era seduta in uno dei tre campi da pallavolo circondati da un muro alto che si ferma quando tocca il cielo. Lei era sola. Disperata. E muta. L'ho vista seduta a bordo campo. E' da anni che è lì. E' da anni che m fa pena. A Bollate mi ha fatto tenerezza. Non rabbia, non indifferenza, non soddisfazione. Ma tenerezza. Lì sola, con i capelli arruffati, la ricrescita in testa, la pelle vizza, il sole contro che la schiacciava a terra. Inerme. Indifesa. Dannata. Malata. Anni prima l'ho vista dentro un'aula di tribunale assediata da cronisti curiosi, ingioiellata come una vetrina di Pomellato, cattiva come un faina di periferia invidiosa della cognata volpe che vive in città. Di lei avevo scritto: "... Eppure la leonessa ferita, a terra, sanguinante ed esanime, che dalla fogna in cui precipitata versa solo lacrime, non molla la preda. E la tiene lì, attaccata a lei, alla sua faccia da gatta siamese, ai suoi occhi a palla come la sua deposizione, ai suoi artigli consumati e sporchi di fango. Alle alghe, ovviamente. E ti guarda come ti guarda una belva feroce zoppicante, ti scruta come una fiera in gabbia, come King Kong sull’Empire in corsa per la sua guerra senza speranza. Dalla terra è arrivata, e in terra è ritornata. E il suo carisma e tutto racchiuso in questa parabola, da questa andata e ritorno verso l’inferno lunare, quello senza fiamme, freddo come una moneta lasciata in un’automobile d’inverno. Chissà cosa si stava dicendo quando scrutava quell’aula di tribunale, le telecamere che la fissavano, i curiosi che l’inseguivano con lo sguardo. Chissà se dentro provava pena per tutti quei poveretti fregati o se in realtà teneva a bada la sua disperazione per non sgretolarsi davanti ai nemici. Chissà se stava contando le malefatte o i giorni che la dividono dalle sbarre. Chissà se continua a sentirsi “d’accoooordo” con quello che ha fatto. Chissà. E’ certo, invece, che quegli occhi umidi e non rassegnati da bestia feroce ti inchiodano alla sedia. E rimarresti lì, ad osservarla per ore. Come si fa con una diva disfatta da lifting e notti insonni ad aspettare una parte da protagonista. Lei, quella parte da protagonista ce l’ha. Ma sa che con buone probabilità è l’ultima. E ce la mette tutta per essere all’altezza. Riuscendoci meravigliosamente". Odio i potenti perchè so che un giorno mi faranno tenerezza. Buona camicia a tutti.

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