mercoledì 30 ottobre 2013

Il centro del mondo

Non amo la retorica. Neppure la contro retorica. Detesto il populismo in tutte le sue forme. Detto questo cado nella trappola volentieri. Qui è un anno che è passato Sandy l'uragano che ha spaventato New York. Sotto, a qualche migliaia di chilometri di distanza,  ci sono intere stagioni dove gli uragani fanno il loro giretto di cortesia e sollevano un po' di baracche con gli abitanti annessi. In quei paesi non si ricorda mai la natura impazzita. Servirebbero troppi giorni. Non c'è tempo per queste cose. Bisogna guadagnarsi la giornata. Nessuno lì deve sfidare qualcun altro per accaparrarsi un posto in prima fila. In parlamento, in comune, allo stadio a vedere la propria squadra del cuore. Lì non ci sono dibattiti in tv prima delle elezioni. Lì la morte non è usata dalla politica, la paura non porta voti, non fa girare un'intera economia. Lì, a qualche migliaia di chilometri da qui, c'è solo un partito che comanda da più di 50 anni. Gli uragani arrivano, spazzano e se ne vanno. Quello che lasciano non fa notizia. Di Sandy ce ne sono stati migliaia e uno più disastroso dell'altro. Ma bambini con la pelle scura, vestiti male che parlano spagnolo non sono cool. Nessun sindaco lì deve essere rieletto qualche settimana dopo l'anniversario. New York piange ancora i suoi morti e tremolante ricorda l'uragano cattivo che è passato come un super eroe impazzito tra Wall Street, l'Empire e il parco più famoso del mondo seminando paura e dolore. Tanto dolore. Lo stesso che vivono quei quattro disgraziati a qualche migliaia di chilometri di distanza da qui, più o meno ogni anno. E' vero New York è il centro del mondo. L'Havana no. Ma per Pedro Hernandez Garcia che durante l'uragano Dean ha perso tutta la famiglia ha poca importanza cosa sia il centro. Mi fermo qui... odio la retorica. Nano nano

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